Social media manager, esperti seo e altre figure che si occupano sul web delle varie articolazioni del lavoro di informazione potranno essere riconosciuti come giornalisti e, quindi, avere le stesse tutele professionali e di welfare. È l’ipotesi di riforma sulla quale ha avviato una riflessione il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti eletto un anno fa, come ha riferito il vicepresidente, Angelo Luigi Baiguini. «Si vuole aprire la professione a tutte le figure determinanti per le notizie», ha spiegato Baiguini, come riporta Professione reporter nell’articolo linkato qui in fondo.
Per la prima volta dall’entrata in vigore della legge professionale dei giornalisti, che nel prossimo febbraio compirà ben 60 anni di vita, si parla finalmente di una modifica delle ormai antiquate disposizioni dell’articolo 34 della norma, che riguarda l’accesso alla professione. Si tratta di un’autoriforma per iniziativa dello stesso Ordine, necessaria per adeguare la prassi e lo spirito della norma alla realtà concreta di oggi, in attesa che il legislatore provveda a una riscrittura complessiva delle norme di sistema: un’attesa che, per l’immobilismo del parlamento, si protrae da decenni.
Un immobilismo, per la verità, al quale si sono associate anche le precedenti dirigenze dell’Ordine nazionale. Eppure fin dal 2009 l’Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti, nelle sue relazioni ai bilanci, ogni anno aveva lanciato l’allarme sulla vetustà di norme, da cambiare al più presto, che impedivano l’iscrizione alla Cassa di parecchie migliaia di operatori dell’informazione perché, nonostante lavorassero alla produzione di notizie, per l’interpretazione originaria della legge professionale non venivano ammessi nell’Ordine dei giornalisti.
Una situazione che, abbinata alla emorragia continua delle vecchie figure professionali dalle redazioni, ha comportato la drastica riduzione dell’afflusso di contributi previdenziali alla gestione del lavoratori subordinati dell’Inpgi e la contemporanea esplosione del pagamento degli ammortizzatori sociali: mezzo miliardo di euro è stato il costo sostenuto dall’Inpgi negli ultimi dieci anni per pagare i sostegni sociali ai giornalisti dipendenti che hanno perso il lavoro.
È per questo che la dirigenza dell’Istituto di previdenza di categoria ha chiesto invano per anni una modifica di legge che portasse all’ampliamento della platea degli iscritti all’Inpgi, con una riforma di sistema che riconoscesse a tutti coloro che oggi lavorano per produrre informazione, anche nelle realtà che operano nel web, le tutele e gli strumenti di welfare garantiti fino ad allora agli iscritti all’Ordine dei giornalisti.
Ora, finalmente, la nuova dirigenza dell’Ordine nazionale sembra voler dare uno scossone decisivo all’immobilismo e alla conservazione di una realtà antiquata, non più adatta ai tempi e alle tecnologie di oggi. Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Carlo Bartoli, ha spiegato che si sta lavorando al «riconoscimento del giornalismo ovunque sia fatto, sacrificando anche alcuni totem di cui ci siamo nutriti, che rendono sostanzialmente inapplicabile la nostra legge che ha ormai 60 anni. Abbiamo già chiesto e continueremo a chiedere una riscrittura di questa legge, nel frattempo agiremo, per quanto è possibile nelle nostre competenze».
Un’azione che, se fosse stata intrapresa per tempo dalle precedenti gestioni dell’Ordine nazionale, avrebbe permesso all’Inpgi dei lavoratori dipendenti di continuare a vivere. Ma che ora, comunque, potrà portare al nuovo Inpgi dei lavoratori autonomi, che raccoglie ad oggi 46mila giornalisti freelance e parasubordinati, nuove risorse contributive, in grado di consolidarne ulteriormente il patrimonio, arrivato a circa 850 milioni di euro e in crescita di circa 40 milioni l ‘anno.
Sono tre i pilastri, a mio avviso, su cui si potrà misurare l’efficacia del rinnovamento della visione della professione:
– Deontologia: uno strumento per assicurare la correttezza dell’esercizio dell’informazione, bene costituzionalmente garantito, verso il pubblico, potendo essere quindi distinguibili come operatori qualificati;
– Formazione: non un mero obbligo per la regolarità dell’iscrizione all’Ordine, bensì aggiornamento continuo per stare al passo con i tempi e le tecnologie;
– Welfare: accesso a strumenti di tutela (come ad esempio sanità, assicurazioni contro eventi dannosi, sostegno al reddito, facilitazioni per acquisto e aggiornamento di macchinari e software necessari per l’esercizio della professione) grazie all’impegno concertato degli Enti economici della categoria (Ordine, Inpgi, Casagit e Fondo pensione complementare). Su quest’ultimo punto si parte da una base già sperimentata: l’assistenza sanitaria gratuita assicurata da quattro anni dall’Inpgi a circa tremila giornalisti freelance e parasubordinati tramite l’impegno della Casagit.
Giornalista professionista freelance. Dal 1983 collaboratore di testate locali e nazionali dai Castelli Romani per cronaca e sport. Presidente e docente dell’Università Popolare Castelli Romani, Ente terzo autorizzato dal Ministero della Giustizia alla Formazione professionale continua per gli iscritti all’Ordine dei giornalisti. Consigliere dell’Inpgi e dell’Associazione stampa romana.
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