Inpgi, la “garanzia pubblica” e la libertà

Inpgi, la “garanzia pubblica” e la libertà

“Garanzia pubblica”. Una definizione molto bella. Rassicurante. Che, però, rischia di essere fuorviante. Nel caso Inpgi, “garanzia pubblica” vuol dire: a fine anno il disavanzo di bilancio dell’ente di previdenza dei giornalisti viene ripianato con soldi presi dal bilancio dello Stato, ovvero dalle tasse di tutti i cittadini.

Inpgi; i consiglieri di maggioranza del Cda: «Non esiste previdenza senza buona occupazione»

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Le «misure a sostegno del lavoro giornalistico» inserite tramite un emendamento nel progetto di Legge di Bilancio 2021 sono «insufficienti a ripianare il dissesto finanziario dell’Istituto, conseguenza di una crisi occupazionale senza precedenti, prepensionamenti e abuso di lavoro atipico». Lo affermano in un documento i consiglieri giornalisti di maggioranza del Cda dell’Inpgi. Per questo tornano a sollecitare «il Governo ad anticipare il trasferimento da Inps a Inpgi dei contributi di quanti lavorano a vario titolo nell’ambito dell’informazione e della comunicazione» e aderiscono «all’appello rivolto al Presidente della Repubblica e firmato da centinaia di colleghi per contrastare il precariato».

Google e Facebook “editori” per piccole testate: battaglia da combattere (e qualcuno l’ha già vinta)

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In base alla legge di imminente approvazione, in Australia le Big Tech «dovranno concordare i pagamenti per i contenuti che appaiono sulle loro piattaforme con editori ed emittenti locali». Con una norma simile nel nostro Paese, le realtà piccolissime potrebbero sfilarsi dalle sovvenzioni elargite dal potente di turno per poter offrire un’informazione libera e magari retribuita dignitosamente.

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