Chi oggi ha diffuso ad arte su Facebook e tramite WhatsApp, i due strumenti di socializzazione più usati dalla generalità delle persone, la “bufala” della chiusura di Report, non l’ha fatto a caso. E non è una buona cosa, anche se qualcuno pensa (in buona fede) che serva comunque a sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica a tutela del meritevole programma di approfondimento giornalistico della Rai.
Questa “bufala” (leggi: Lunedì tutti su Rai 3, vogliono chiudere Report: il ritorno della bufala su Sigfrido Ranucci), è stata condivisa in buona fede da molti di coloro che (giustamente) vogliono difendere Report da ogni possibile attacco. Queste persone in buona fede non sono i soliti sprovveduti che condividono qualunque meme o fake new passi sulla loro home, ma persone che ragionano e sono attente alle problematiche sociali. Le menti perverse (e anche dotate di strumenti tecnici già “rodati” per la diffusione virale di messaggi social) che hanno partorito questa fake new, lo hanno fatto solo per creare apposta confusione fra queste persone in buona fede, attente, socialmente impegnate e responsabili. La confusione crea danni soprattutto a chi ragiona seriamente, perché lo porta a diffidare di tutto, anche degli appelli veri. Il dubbio è delle persone intelligenti; gli sciocchi non hanno dubbi (e continueranno imperterriti a condividere imbecillità).
Se tante persone intelligenti e sensibili, a causa di fake news come questa su Report e di altre che potranno farvi seguito, cominciano poi (una volta scoperto che si tratta di “bufale”) a dubitare di appelli seri alla tutela della libertà di informazione nei casi di emergenze vere e immediate, per colpa di queste strumentalizzazioni che li hanno “bruciati” sarà più difficile mobilitarli sulle cose serie. Non è, quindi, una fake new fatta circolare a caso. Ma per instillare il dubbio e creare una “cortina fumogena” di diffidenza intorno agli appelli seri alla tutela della libertà di stampa. La storia di chi gridava «Al lupo, al lupo!» quando il lupo non c’era, solo per gioco e per il divertimento di spaventare la gente, sappiamo com’è andata a finire quando il lupo è arrivato davvero.
Foto: immagine dal sito bufale.net
Giornalista professionista freelance. Dal 1983 collaboratore di testate locali e nazionali dai Castelli Romani per cronaca e sport. Presidente e docente dell’Università Popolare Castelli Romani, Ente terzo autorizzato dal Ministero della Giustizia alla Formazione professionale continua per gli iscritti all’Ordine dei giornalisti. Consigliere dell’Inpgi e dell’Associazione stampa romana.
C’è chi sostiene che, pur a causa di una bufala, condividere sui social questo falso appello abbia comunque avuto l’utilità di convogliare attenzione su Report e sulla sua importante funzione informativa. All’attenzione di queste persone che, in buona fede, hanno condiviso la bufala e pensano quel che ho appena detto, mi permetto di richiamare la riflessione che segue.
Al di là dell’utilità pratica del momento, una bufala ben organizzata (renderla virale e condivisa da molti in buona fede richiede una struttura tecnica ben organizzata e sperimentata) non è mai “neutra”. Non vanno sottovalutati i rischi di cui parlo nel mio articolo.
La domanda vera è: a chi serve avvelenare i pozzi della corretta informazione? La tecnica sperimentata con successo per la bufala su Report, domani per cosa potrà essere utilizzata? Non sottovalutiamo la portata di quello che è successo. E soprattutto non smettiamo di vigilare su tutto ciò che ci sottopongono i social, specialmente quando (come in questo caso) non è “firmato”, ma è un appello anonimo.
C’è chi sostiene che, pur a causa di una bufala, condividere sui social questo falso appello abbia comunque avuto l’utilità di convogliare attenzione su Report e sulla sua importante funzione informativa. All’attenzione di queste persone che, in buona fede, hanno condiviso la bufala e pensano quel che ho appena detto, mi permetto di richiamare la riflessione che segue.
Al di là dell’utilità pratica del momento, una bufala ben organizzata (renderla virale e condivisa da molti in buona fede richiede una struttura tecnica ben organizzata e sperimentata) non è mai “neutra”. Non vanno sottovalutati i rischi di cui parlo nel mio articolo.
La domanda vera è: a chi serve avvelenare i pozzi della corretta informazione? La tecnica sperimentata con successo per la bufala su Report, domani per cosa potrà essere utilizzata? Non sottovalutiamo la portata di quello che è successo. E soprattutto non smettiamo di vigilare su tutto ciò che ci sottopongono i social, specialmente quando (come in questo caso) non è “firmato”, ma è un appello anonimo.